Il cimitero di Santo Stefano. Lettera dall’ergastolo di Alfredo Sole [dal carcere di Opera (MI) agosto 2011]

Viene in mente una favola scritta da bambini di scuola elementare e ripresa da Rodari, che raccoglie l’essenza della reclusione raccontando la storia di Battista un pulcino prigioniero che fu messo in una cassetta di legno con il suo nome al buio, cancellato, per essere messo all’ingrasso e diventare un anonimo pollo da supermercato.

Il cimitero degli ergastolani, luogo triste da visitare, ma che merita attenzione, ma che merita un fiore triste perché uomini senza volto sono ancora degli ergastolani, la loro pena non è mai finita, nemmeno con la loro morte finché il carcere sarà li a proiettare la sua tetra ombra sulle loro tombe. Il loro essere carcerati non è mai cessato. Quale differenza essere dentro le mura o fuori, nella stessa terra dove quelle mura poggiano? Non c’è differenza! L’ergastolano vivo è solo vivo per gli altri, ma lui sa di essere già morto.
L’ergastolano morto, è solo morto per gli altri, lui sapeva già di essere morto. L’ergastolano è già morto e basta! Che sia dentro un carcere o dentro una tomba.
Merita attenzione quel cimitero, perché la vergogna possa farsi strada dell’indifferenza verso gli altri, nell’ipocrisia di chi conosce questa terribile realtà di una pena più disumana della pena capitale, tuttavia sono in prima linea per l’abolizione della pena capitale in altri stati, più civili di noi appunto perché uccidendo i loro detenuti, non li tengono per tutta la vita a marcire in una squallida cella. Non sempre si uccide per follia, per rabbia, per vendetta. Si può uccidere anche per umanità ma è troppo chiedere umanità a un paese che della disumanità ne ha fatto stile di vita, ne ha fatto filosofia o meglio filosofia politica.
Meritano un fiore quelle tombe di ignoti ergastolani li, meritano un pò di umanità almeno ora che sono morti visto che da vivi sono stati lasciati a marcire. Un fiore! Un segno che qualcuno è passato di lì ricordandosi di quelle anime ancora incatenate. Neppure dopo la morte si sono scrollati di dosso l’aggettivo che li distingueva da vivi, ERGASTOLANI.
Non credete che sia ora che questi resti senza volto vengano liberati? Non riusciamo a far abolire l’ergastolo per noi vivi, cerchiamo almeno che aboliscano l’ergastolo a questi 47 resti umani. Magari chiedendo per loro la grazia al presidente, se proprio l’ergastolo gli deve rimanere in eterno, un fine pena per loro, una data di scadenza pena per tutti 47 ergastolani di quel cimitero. Dargli una identità e poi, uno per uno, graziati dal presidente.
“Sei libero, ti hanno graziato, non sei più un ergastolano, non sei più un uomo ombra dell’isola di Santo Stefano”.

Agosto 2011
Di Alfredo Sole [dal Carcere di Opera (MI)]

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