Lettera dall’ergastolo di Alfredo Sole

“Ut doceat, moveat, delectet”, Quintiliano

Mi è sempre più difficile mettere mano alla penna. Ho creduto che fosse colpa della mancanza del mio computer a impedirmi di imprimere i miei pensieri su carta. Ma mi accorgo con grande tristezza che non è così. La verità è che con il passare degli anni entro sempre più (a torto) nella convinzione che ogni sforzo per far sì che la società comprenda la crudeltà del “fine pena mai” è uno sforzo inutile. Troppo difficile smantellare un luogo comune. Sì, la convinzione che l’ergastolo in realtà non esiste; che nessuno sconta veramente l’ergastolo e che un assassino esce dopo soli 10 anni di carcere è un luogo comune. Un topos così radicato nella coscienza collettiva che neanche un discorso logico farcito da un buon uso dell’arte della retorica riuscirebbe a sradicare. Comunque, sono ormai arti perse nel tempo. Ciò che oggi rimane, e che spesso ne siamo vittime, è quella retorica negativa nel vero senso della parola, cioè il politichese usato dai politicanti.
Nonostante tutto, noi cosa facciamo per smentire questo luogo comune che giustifica il mantenimento dell’ergastolo in Italia? Da più di venti anni facciamo l’errore di aspettare tempi migliori – che – le cose cambieranno, non possono rimanere sempre così. No, non ci saranno mai tempi migliori e le cose non cambieranno se non siamo noi a farli cambiare. Non so di preciso quanti ergastolani ostativi ci siano, ma siamo molti. Quanti fanno davvero qualcosa per cambiare lo status quo? Non sto parlando di proteste varie e “rivoluzioni”, ma di COMUNICAZIONE. Immergersi dentro la società attraverso scritti; comunicare con loro, far conoscere il carcere, far capire cos’è veramente l’ergastolo. Per esperienza personale so che quando una persona esterna, estranea a questo nostro mondo, comunica con un detenuto ergastolano, per quanto possa apparire giustizialista, dopo aver compreso cos’è veramente l’ergastolo e che dietro l’ergastolano c’è un uomo molto diverso da quello che aveva sempre immaginato, finisce sempre per cambiare opinione. La gente vuole sì giustizia, ma non vuole essere complice dello Stato nella condanna a morte del detenuto. L’ergastolo ostativo è una condanna a morte! Questa pena capitale mascherata da civiltà, rimarrà tale finché non riusciremo a smascherarne l’inganno. C’è un solo modo per farlo: coinvolgere la gente, far sì che tocchi con mano l’ergastolo ostativo attraverso l’ergastolano. Siamo in molti, ma solo pochi hanno contatti sociali con l’esterno. E’ vero, non si può pretendere che tutti abbiano le capacità di comunicare, ma chi ce l’ha deve mettersi in gioco.
I politicanti e la giustizia-giustizialista usano la comunicazione per aizzare la società contro di noi. Noi possiamo usare lo stesso mezzo, ma siamo più forti poiché dalla nostra parte c’è la verità che ci viene in aiuto a contrastare la menzogna.
Forse non riusciremo mai a distruggere quel luogo comune che permette questa disumanità, ma possiamo assottigliarne le fila portando dalla nostra parte più persone possibili che non vogliono essere più complici di questa inciviltà giudiziaria.

Alfredo Sole

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